IL LASER IN OCULISTICA

I primi studi sugli effetti della luce solare ed artificiale sull'occhio risalgono al 1927, ma solo nel 1950 si ebbero i primi risultati del loro utilizzo nella cura di alcune patologie.
Inizialmente veniva utilizzata la luce del sole, successivamente si passò all'arco fotovoltaico ed alle lampade allo Xeno. Questi sistemi, tuttavia, presentavano alcuni inconvenienti (scarsa maneggevolezza e precisione, forte dolore in seguito al trattamento, ecc.), che determinarono l'immediato successo dell'uso del laser, non appena questo fu introdotto. Da quel momento, i continui progressi nell'oftalmologia sono andati di pari passo con lo sviluppo di nuovi tipi di laser: a partire dai primi modelli a rubino, fino ad arrivare ai recenti funzionanti a stato solido.

In generale, i meccanismi di interazione tra un fascio laser ed un sistema biologico sono molto complessi, ma gli effetti prodotti sono principalmente tre:

· effetto fotomeccanico, per sezionare i tessuti

· effetto fotochimico, per asportare i tessuti

· effetto termico, per coagulare i tessuti

Gli obiettivi ed i risultati dell'intervento dipendono, oltre che dal tempo di esposizione e dalla dimensione del bersaglio, anche e soprattutto dalle caratteristiche della luce laser incidente: lunghezza d'onda, potenza e grado di focalizzazione del fascio.
La scelta di queste ultime è particolarmente importante, dato che da esse dipendono rispettivamente il grado di penetrazione del laser, la temperatura raggiunta nel punto d'impatto e l'estensione della zona interessata all'interazione.


Chiaramente, un fascio molto intenso danneggia tutti gli strati dell'occhio, ciascuno formato da un diverso tessuto; modulando invece l'intensità, e con un'opportuna scelta della lunghezza d'onda si può intervenire solo su un determinato tessuto.
Questo perché l'assorbimento della luce da parte dei vari tessuti dipende da quali cromofori sono in essi contenuti.
Per esempio, se vogliamo raggiungere i vasi sanguigni nella coroide, non useremo luce verde, che viene facilmente assorbita dalla melanina presente nell'epitelio pigmentato della retina, ma luce rossa, assorbita invece dall'emoglobina del sangue.


EFFETTO FOTOMECCANICO

L'effetto fotomeccanico provoca la ionizzazione degli atomi del tessuto colpito, con una conseguente rottura dei legami molecolari. Il processo è a soglia, cioè, se la densità di potenza rimane al di sotto di un certo valore, non viene innescata la ionizzazione.
Questo tipo di trattamento viene usato per la capsulotomia, cioè la "pulizia" della capsula posteriore del cristallino, dopo l'intervento di cataratta; con l'iridotomia invece si crea un foro nell'iride per favorire il passaggio dell'umore acqueo, per curare alcune forme di glaucoma (aumento della pressione dell'occhio).
In tutte queste tecniche viene usato lo Nd-YAG-Laser (1064nm, infrarosso).

EFFETTO FOTOCHIMICO

L'impatto con la superficie esterna dell'occhio, di radiazione laser con lunghezza d'onda attorno ai 200 nm (ultravioletto) ed elevata potenza, provoca la rottura di molti legami molecolari del tessuto, che così viene letteralmente ridotto in polvere.
Questo processo è detto fotoablazione.
I suoi vantaggi sono un'azione finemente modulabile, con risoluzioni del millesimo di millimetro, e l'assenza di danni ai tessuti adiacenti alla zona d'impatto. Il laser principalmente utilizzato in questo campo é quello ad eccimeri.
Un'applicazione rivoluzionaria di questa tecnica consiste, ad esempio, nel rimodellare la superficie della cornea, consentendo la correzione della miopia, dell'ipermetropia, e dell'astigmatismo. Va ricordato che lo spessore della cornea è dell'ordine dei 500µm, e le ablazioni eseguite con laser ad eccimeri vanno dai 30µm ai 200µm.
Ci si aspetta che in futuro ciò abbia un forte impatto sociale: spariranno gli occhiali da vista?

EFFETTO TERMICO

L'effetto termico si verifica quando un tessuto assorbe l'energia elettromagnetica, convertendola in calore. Di conseguenza, nelle vicinanze della zona d'impatto, si ha un forte aumento della temperatura, che porta ad una bruciatura con conseguente cicatrice: la temperatura raggiunta determina il grado di alterazione del tessuto. Questo processo prende il nome di fotocoagulazione.


La lunghezza d'onda verde é utile per la prevenzione e la limitazione del distacco della retina, che può verificarsi in seguito a forti traumi, per esempio una pallonata in un occhio, oppure spontaneamente, nelle miopie medio-elevate. Nel punto d'impatto si crea una bruciatura, che cicatrizzando salda la retina al tessuto sottostante.


In questo caso si utilizza un laser ad Argon, come anche nella prevenzione e nella cura della retinopatia diabetica, che rappresenta la seconda causa di cecità nei paesi industrializzati. In tal caso il laser distrugge le aree di retina ischemiche, cioè poco irrorate, impedendo in tal modo lo sviluppo di neovascolarizzazioni anomale.


La luce rossa ed infrarossa sono invece adoperate per il trattamento delle lesioni retiniche, qualora siano presenti vaste emorragie. Si usa luce rossa perché essa viene facilmente assorbita dal sangue In tali casi si utilizzano laser a semiconduttori o a Krypton.