Nell'antichità era opinione comune che la luce avesse velocità infinita: Erone, nel IV secolo a.C., argomenta che "quando apriamo gli occhi e guardiamo il cielo, non è necessario alcun intervallo di tempo perché i raggi visuali lo raggiungano, cosi come vediamo immediatamente le stelle, che, come è noto, sono a distanza infinita dalla Terra". Oggi questi ragionamenti possono far sorridere, tuttavia per avere un reale passo avanti si è dovuto attendere Galileo, che per primo, intorno al 1600, tentò di misurare la velocità della luce.
Quest'ultima affermazione, come l'intero esperimento, testimoniano il carattere rivoluzionario dell'approccio galileano allo studio dei fenomeni naturali.

Egli e un suo aiutante si posero sulla cima di due colline distanti 1km, ciascuno con una lanterna e uno straccio per coprirla. Uno di loro scopriva la propria lanterna. Il secondo, nell'istante in cui ne avvistava il raggio, faceva altrettanto. Il raggio generato dalla seconda lanterna veniva conseguentemente percepito dal primo sperimentatore. La velocità della luce avrebbe cosi dovuto essere il rapporto tra la distanza di andata e ritorno e l'intervallo di tempo tra la partenza del primo raggio e la visione di quello di risposta.
In verità Galileo, tenendo conto del tempo di reazione suo e dell'assistente, non poté che concludere che essa era superiore alle possibilità di misura.


La prima reale misura del valore della velocità della luce fu effettuata da Roemer nel 1676. Da osservazioni astronomiche risultava che il periodo attorno a Giove della sua luna Io, determinato misurando l'intervallo tra due sue eclissi consecutive, non si ripeteva regolarmente nel tempo. Roemer intuì il motivo di questo fenomeno considerando che le variazioni massime, di circa 20 minuti, si hanno a distanza di sei mesi, ossia quando la Terra si trova in punti diametralmente opposti sulla sua orbita attorno al Sole.

Roemer motivò dunque il ritardo con la maggior distanza che la luce riflessa da Io deve compiere per giungere fino a noi. Rapportando il diametro dell'orbita terrestre, all'epoca sottostimato, e l'intervallo di tempo che i raggi luminosi impiegano a percorrerlo, Roemer ricavò la prima misura della storia per la velocità della luce:

c = 214300 km/sec



La luce riflessa da Io impiega più tempo a raggiungere la Terra quando essa si trova in B (in opposizione rispetto al sole)

Nel 1725 James Bradley giunse ad un doppio successo: spiegando il fenomeno fisico noto come aberrazione stellare egli ottenne una nuova misura astronomica della velocità della luce. Bradley giunse al suo risultato osservando lo strano moto (apparente) di alcune stelle, la cui posizione sembrava variare lungo un'orbita quasi circolare, con diametro angolare di 40,5'' e con periodo pari ad un anno. In particolare studiò il moto della Draconis (la del Drago), chiamata Etamin. Questa stella ha la caratteristica di trovarsi quasi esattamente sull'asse dell'eclittica, ossia sull'asse dell'orbita di rivoluzione della terra attorno al sole.


Bradley intuì che questo spostamento non ha nulla a che vedere col moto vero della stella, ma che è una conseguenza del moto della Terra attorno al Sole. Per lo stesso motivo la pioggia, che in assenza di vento cade verticale, non appare più tale se ci si mette in corsa: chi non ha notato che ci si bagna meno inclinando in avanti l'ombrello?


Bradley ottenne, per la velocità della luce,
il valore c = 305600 km/sec


La luce di una stella lontana che illumina la Terra perpendicolarmente rispetto alla sua velocità è vista inclinata di un angolo rispetto alla verticale da un osservatore terrestre. Misurando tale angolo e conoscendo la velocità orbitale della Terra si trova facilmente c dalla relazione tg= v/c

La prima misura non astronomica della velocità della luce fu effettuata da Fizeau nel 1849. Egli elaborò il metodo escogitato da Galileo, affidandosi, per la misura degli intervalli di tempo, ad un dispositivo meccanico invece che alla sensibilità della vista: mise uno specchio al posto dell'aiutante e utilizzò una ruota dentata come interruttore. Il valore da lui misurato per la velocità della luce fu

c = ( 315300 ± 500 ) km


Ogni impulso di luce che esce dalla ruota dentata (A) viene riflesso dallo specchio, che si trova ad una distanza L (B).Ogni impulso di luce che esce dalla ruota dentata (A) viene riflesso dallo specchio, che si trova ad una distanza L (B).

Affinché il raggio possa essere trasmesso all'osservatore, occorre che, mentre esso compie il tratto 2L, i denti ruotino di un tratto pari a un'intercapedine (C).